tuttologia in direzione contraria

Radio Baracheta

Una pecca imperdonabile il non aver potuto sentire la sua voce vibrante e dolce, sostituita castelnuovoda quella incerta di una performer che vagava nei begli arrangiamenti argentini dalla fisarmonica del Caldelari senza ben sapere come porsi. Poi, la magia ingabbiata non ce l’ha fatta più e sulle note della Verzaschina il popolo si è alzato in coro e le voci hanno svegliato lo spirito di Vittorio Castelnuovo, impareggiabile cantastorie della Riviera, partito per l’ultimo viaggio qualche anno fa.

Per questa serata di ReteUno lo scriba ha rinunciato al derby della Madunina, poiché ogni interismo nulla può di fronte al viluppo delle radici. Perfino la Norgauer, che di solito ciarla a vanvera di facezie e imprecisioni su toni insopportabili, ha tenuto l’acqua bassa lasciando all’emozionato e emozionante Alessandro Tini il compito di leggere le poesie di Castelnuovo, scritti che polverizzano la metrica per schiaffeggiare occhi e cuori.

Bon, lo scriba è nettamente di parte, poiché già a sei anni al suo paese lo chiamavano Baracheta per via che andava cantando nelle carraie di trecciaiole e bleniesine (anche se l’amore della sua vita è una valmaggina). Baracheta era il soprannome di Castelnuovo – lo faceva incazzare fino all’inseguimento dello sberleffo, mollando a metà strumenti e canzoni – ma ieri sera alla radio, forse per timore che saltasse fuori inviperito, non l’hanno detto.

Comunque, la radio ha regalato una bella escursione nella musica del primo cantautore ticinese, una vita da scalpellino nelle rocce delle Riviera, che come sempre con l’arte non si campa e si rischia pure di essere derisi. Quante risatine di scherno avrà incassato Castelnuovo in vita sua, a partire da quelle indirizzate alla casa che costruì con le sue mani e che fu la causa del fastidioso soprannome (per lui, mentre per noi era una goduria). Una baracheta della quale andava orgogliosissimo e guai a prenderlo pel culo.

Ha girato dappertutto come un vero nomade, cantando valli amori ragazze mamme papà guerra fiori montagne lavoro e felicità. Una vita di sentimenti come la voleva lui. Lo scriba è stato contento di non essere andato a vedere l’Inter giocar male e perdere. E sulle note della Verzaschina si è aggiunto dal divano al coro spontaneo.

Ti donerò un bel fiore color del ciel sereno, che va dicendo a te “Non ti scordare di me”.

Co’ l’aqua da i ecc in goróndo.

 

gene

 

Postilla

1) I 45 giri di Castelnuovo odoravano di Dixan, dato che da piccolo lo scriba aveva un mangiadischi ordinato con i punti del detersivo e che sentiva ancora di lisciva quando si ruppe per consunzione attorno al ’72.

2) Sabato sera, dopo il formaggio al fuoco, la Verzaschina era già stata suonata con emozione su richiesta del Meo, che per lui è un hit da paura. Come pubblico, la Maddalena, indulgente verso i suoi bambini.

3) Ciao Vittorio – Rsi


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