tuttologia in direzione contraria

La casa in città

C’era questa casa fatiscente in mezzo a un quartiere tra i primi a nascere quando, finite leokkupazione guerre, la città si sviluppò oltre le mura. Dentro, pareti sbrecciate, scale pericolanti e porte divelte. Stesi il sacco a pelo e dormii il sonno dei chilometri. Il mattino, il quartiere mi parve assai bello, piuttosto popolare. La gente non faceva caso a me che uscivo arruffatissimo da quel portone immaginario (anche quello, sparito). Girai per la città, che nel suo nucleo ostentava una ricchezza volgare. Tornai al quartiere e dormii nella casa ancora una volta. E così feci per giorni e mesi. Sono anni che sto lì, la casa è aperta a chi passa e non ha un tetto o non ha voglia di averlo. Con alcuni amici che del rudere ne hanno fatto un ritrovo, abbiamo messo su una libreria, sistemato un salone per far musica e guardare film. Arriva gente anche da fuori città, si ferma un po’, lascia un segno di sé e riparte.

Ieri è arrivato anche un impiegato della città che ci ha detto che lì non potevamo stare più per decisione dell’autorità. Nessuna spiegazione, nemmeno quando abbiamo chiesto se per caso era venuta a reclamarla il proprietario. Solo un secco “il proprietario è il Comune”. Ha ascoltato distrattamente le nostre spiegazioni sull’utilità di quel posto, sul rifugio di umano viaggio e sulla cultura.

Stamattina è arrivata la polizia, due agenti sono entrati e uno di loro, dopo essermi presentato come il primo occupante della casa, mi ha detto “ti faccio fare la fine degli ebrei ad Auschwitz e con le tue ossa ci faccio pettini e saponi”.

Ci hanno trascinati in commissariato. Ci hanno separati e io mi sono trovato solo con quello delle ossa e dei pettini.

Non mi ha ammazzato, ma ora sono in questo ospedale e non so se la camera abbia il soffitto o il cielo aperto. Ho chiesto all’infermiera cosa fosse successo, mi ha risposto che “è questo che succede quando ci si oppone alla legge”.

Non so cosa ne è della casa e dei miei amici.

 

gene

 

Postilla

La politica chiede ai ragazzi del Molino di scacciare le mele marce.

La polizia annuncia che il poliziotto responsabile di dichiarazioni razziste e minacce sarà spostato in ufficio.


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