tuttologia in direzione contraria

Ciao amore

Poi morì anche Luigi Tenco, e in cucina non si sapeva più se spegnere la radio o buttarla diluigi-tenco-sanremo-1967 sotto. Nel dubbio, Olimpia ingoiò le lacrime direttamente con gli occhi e preparò un risotto, per cinque. Infilzai la luganighetta, inghiottendo tutto con la gioia di chi mangia segatura bagnata. Comunque, un padre e un marito in prigione sarebbe stato peggio di Tenco nello stato visto a Un’ora per voi, anche se Olimpia, lì per lì, non avrebbe saputo scegliere tra le due disgrazie.

Nel pomeriggio, prese la bicicletta e con andatura pericolante attraversò la campagna, il ponte e il passaggio a livello. Senza cadere, giunse al bar, appoggiò la bici a un ombrellone chiuso, entrò, mise dieci centesimi nel juke-box, schiacciò la A e il 12, si accese una marylong e stette in piedi ad ascoltare.

Frammentate negli anni, questa e altre cose su Olimpia non mi permisero mai di avere un’idea completa di chi fosse mia madre, di cosa provasse lei nei confronti della vita sua, di quanto male agli occhi le facesse quella malinconia in bilico. Mi accontentavo di viverle accanto, di vederla sgominare il mio terrore al pensiero di una sua assenza definitiva.

Ero disgraziato, pensavo, sempre in mezzo a qualcosa, sempre a metà di un fatto o di un’emozione: altezza, età, attenzioni e parole. Il papà era di quella severità chiara di chi porta a casa il pane, imperscrutabile come le sue alchemiche riparazioni di mobili e finestre. Un privilegio tutto per me era l’accompagnare Olimpia, la mia mamma, in bicicletta, appena ne ebbi una, nelle sue traversate della valle in equilibrio precario, verso Claro, al bar dello zio, quello del juke-box con dentro la canzone di Tenco.

Ciao amore.

 

gene

 

Postilla

Comincia Sanremo, che per me è fermo a quel giorno lì, il 27 gennaio 1967.


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