Di tutti i luoghi attraversati, il Piano di Peccia è il più stravagante. Non che sia l’inferno o
ci si mangi male, anzi. Il centro d’accoglienza è pure riscaldato e spazioso. Solo che mentre apri la porta entra la neve. La neve! Da Asmara fin lì, sabbia, sole, acqua salata, vento, pioggia. Ma la neve mai. Il paesino poi, stretto in una piana tra montagne gelate, non offre niente, nemmeno una birra. Veniamo a sapere che più giù la neve non c’è e in un paio di giorni di cammino saremmo potuti arrivare a Bellinzona, la capitale di questo strano posto con la neve in cima e le palme in fondo.
L’altra mattina siamo partiti, senza avvisare nessuno, che tanto siamo abituati a sparire. In tre ore di neve e boschi, salutando le automobili che passavano senza fermarsi, siamo arrivati a un paese chiamato Bignasco. Schiacciato anche lui tra fiume e montagna, ma almeno la neve era sparita. Al primo bar ci siamo fatti una birra, zero parole con gli avventori che ci hanno guardato come noi guardiamo la neve.
– Manca tanto a Bellinzona? – ha chiesto Angelo, che sapeva l’italiano perché suo nonno era stato al servizio di Mussolini.
– A piedi o col bus? – ha risposto uno con la barba.
C’era anche un bus. Beh, normale, siamo nella civiltà, pensai.
Abbiamo attraversato il ponte e di là, alla fermata del bus, ci stavano aspettando quelli del centro del Piano di Peccia.
– Che pensavate di fare? Non vi vergognate a fuggire dalla nostra ospitalità?
– A dire il vero fuggivamo dalla neve…
– Da noi, la neve d’inverno c’è sempre e mica ci lamentiamo, prendiamo la pala e ci scaldiamo.
– A noi non l’hanno data la pala.
– Appena su ve la daremo subito, se è solo questo il problema.
Non è solo quello il problema. Ma non siamo stati lì a discutere. A Bellinzona ci andremo poi un’altra volta.
gene
Postilla
Ci sono viaggiatori costretti al ritorno.
