Il momento è arrivato e i quattro ripassano il piano per l’ultima di mille volte. Pianta della zona, percorso, tempi, vie di fuga e compiti. Il Frank in auto, il Meo a far da palo, il Gene e il Gas a irrompere.
– Ma è una banca ricca? – chiede il Gene, dimentico delle reiterate spiegazioni.
Il Gas sbuffa, il Frank annuisce, il Meo osserva il prospetto orario.
Poi partono sul pickup bianco, svoltano in via del Commercio e fanno scendere il Meo col compito di assumere un’aria sfaccendata o al limite di infastidire i passanti con domande su clima e salute. Fanno il giro del quartiere, e tornano lì, in via del Commercio, dove al 32 c’è la Banca Ticinese. Il Frank accende una paglia stazionando al volante col motore acceso. Il Gene e il Gas entrano con l’aria di due clienti poco abbienti. Dentro, due anziani e la solita donna incinta, che nella letteratura delle rapine non manca mai e di solito fa casino. Questa, almeno sta seduta a leggere.
– Questa è una rapina! – esclama il Gene a mani nude. Fa parte del piano che parli lui, il
Gas preferisce agire muto.
– Non ci sono soldi – replica la ragazza allo sportello, vestita come una della defunta Swissair.
Istante di smarrimento.
– Come non ci sono soldi? – chiede il Gene allibito, mentre il Gas arretra di un passo e guarda in alto per sincerarsi, dove in effetti sta scritto Banca Ticinese.
– Non leggete più i giornali?
– No!
I due vecchi borbottano, la donna incinta alza gli occhi dalla rivista con somma compassione.
– Beh, riassumendo, questa banca è stata svuotata dai suoi amministratori. Il contante è andato con loro. – spiega con dolcezza la ragazza allo sportello.
– E allora lei che ci fa lì?
– Rispondo a quelli come voi e ai clienti che chiedono soldi. Sempre la stessa cosa: non ci sono soldi. Oggi siete il centoventesimo e il centoventunesimo.
Il Gene e il Gas si consultano, mentre da fuori entra la puzza di nafta del pickup del Frank. Vedono il Meo che parla con un tizio, tranquillo come un frate.
Non potendo portar via mobilio o vetrate, optano per l’ultima chance.
– Avrete gadget, agendine, penne…
– No. Babbo Natale è passato stamattina e ha fatto valere un’opzione del 1946 che lo autorizza a portarsi via tutti gli omaggi. Ho caricato le renne io stessa. Mi spiace.
– Senta signorina, siamo venuti qua in quattro, due dentro e due fuori. Non possiamo andar via a mani vuote… – spiega il Gas con insolita gentilezza.
– Già, cazzo! – rafforza il Gene, casomai il concetto fosse troppo fumoso.
La ragazza fa un giro degli scaffali e torna con un plico di scartoffie.
– Beh… non le vuole nessuno, ma avremmo un centinaio di azioni della Banca… E un abbonamento stagionale per la teleferica di Comino.
– Dia qua! – esclama il Gene, senza far caso alla perplessità del Gas.
Firmano la ricevuta, salutano, escono. Prendono per mano il Meo, incantato dal camion dei rifiuti, gli mettono al collo l’abbonamento per Comino, saltano in macchina e il Frank parte sgommando come se avesse l’Interpol alle calcagna.
Naturalmente, un paio d’ore e un centinaio di chilometri dopo, all’Osteria del Lago, vengono a sapere che le azioni della Banca Ticinese non valgono più nulla. – Notizia di dieci minuti fa – spiega il barista mentre si rimira nello specchio.
Escono, vanno in Bavona e mangiano costine. Pacenza.
L’anno dopo li arresteranno, assieme agli altri azionisti della scomparsa Banca Ticinese, per riciclaggio ed evasione fiscale. La scampa solo il Meo, dato che l’abbonamento per Comino sarà invece ancora buono.
gene
Postilla
Un capitalismo senza bancarotta è come un cristianesimo senza inferno.
Frank Borman
