Credo che piova, ma non so, potrebbe essere questa infinita terra bagnata che cade dopo
essere saltata in aria. L’artiglieria non smette mai, tuoni inarrestabili di questo tempo maledetto nel quale si muore. Quando leggerete, potrei essere in frantumi anche io, come migliaia di altri francesi e, credo, tedeschi. Stamattina, Jules è sparito. Vi ricordate di Jules? Quello che giù da noi a Guillestre portava il pane con il mulo? Abbiamo cercato, lui e io, di vivere proteggendoci a vicenda da pallottole e lanciafiamme e ce l’avevamo fatta fino a stamattina, quando una granata se l’è tritato, spandendolo nel raggio di trenta metri, quindi anche addosso a me. Credo di essere sordo. I colori sono quelli da mesi, di piombo e fuoco, ma i suoni sono spariti, a parte un fischio, sostituiti da vibrazioni di passi e tonfi di corpi e di pezzi ferrosi. Non sento la voce del capitano Raymond, ne vedo solo la faccia grigia, che quando mi si rivolge non so se sia inferocito o premuroso. Siamo nella merda, in ogni senso, come soldati e come uomini. Questa battaglia sembra cominciata da mille anni e c’è l’idea che ne durerà altri mille. Per cosa? Per ridare alla Francia una striscia di terra rubata dai tedeschi? Ma se abbiamo guadagnato settanta metri, dicono, al prezzo di duecentomila morti… La putrefazione si sente nei vestiti e nei capelli, è marcia anche la sporca minestra; si arrugginisce l’anima e il fucile; si ammuffisce la noia; ci ottunde la paura. Quando andiamo avanti nella terra di nessuno, grandina metallo e non so se stiamo marciando avanti o indietro, persi nel fumo delle esplosioni e degli alberi bruciati. Dovremmo essere nel sole di maggio, ma il sole non me lo ricordo. Credo che mi sparerò a una mano, sono già d’accordo con un basco di Biarritz. Se anche mi passassero alla corte marziale, andrebbe meglio di adesso, almeno finirebbe in pochi istanti, il tempo per un crucco di vederci oltre il parapetto della trincea e spaccarci il cuore. Ma potrebbe andar bene invece, tornare a casa come invalido, in fondo una mano non è così importante.
Ne approfitto per maledire la Francia e la Germania e tutte le nazioni di questa terra. Ci hanno traditi, siamo solo bestie da macellare. Se sopravvivo, lotterò per l’Anarchia, anche con una mano sola. A morte i re e le regine, gli imperatori, i generali, i presidenti, gli ammiragli, i governi e tutti coloro che hanno cancellato il senso del vivere. Ora vado all’assalto, ma stasera, se rientro, mi sparo col basco.
Vi bacio.
gene
Postilla
Questa spaventosa battaglia divenne una sacra leggenda nazionale in Francia, sinonimo di forza, eroismo e sofferenza, i cui effetti e ricordi perdurano ancora oggi; fu la più lunga battaglia di ogni tempo, coinvolse quasi i tre quarti delle armate francesi, e benché nella storia, e nella stessa prima guerra mondiale, ci siano state battaglie anche più cruente, Verdun detiene probabilmente il non invidiabile primato di campo di battaglia con la maggior densità di morti per metro quadro.
(fonte Wikipedia)
