E adesso che precipita questo vento, come si fa a dire ancora che tutto va bene? Non va
bene niente. A questo crocevia che inchioda i passi, non sappiamo dove andare, cosa scegliere, quale di queste quattro braccia spalancate è un abbraccio e quale una morsa. Ci fosse almeno il diavolo a cui vendere l’anima. Mi volgo a Raissa, l’usignolo biondo con cui mi accompagno, la vedo stanca e disorientata.
– Com’è che non c’è nemmeno una pianta in giro? – chiedo, così per malumore.
– Scomparse all’improvviso – risponde, confermando.
Fermi come animali nella pioggia, aspettiamo altre ore, solo che non piove e poi è crepuscolo. Davanti a noi, come sorto dalla terra, un conestoga tirato da due muli. A cassetta un cocchiere lugubre, con cilindro e baffi.
– Dove andate? – chiede.
– Tu da dove vieni? – contrappongo.
Raissa si sposta di due passi.
– Da qua. Vi serve qualcosa?
– Una direzione.
– Quella. – E indica ovest, dove non c’è niente di diverso, se non il bagliore del sole tramontato.
Raissa fa altri due passi, all’indietro.
– E dove porta? – chiedo.
– Alla gloria. – risponde – Non è ciò che inseguite?
– No, stiamo solo viaggiando.
– Ma avete le chitarre, non sarà solo per decorarvi…
– Ci fanno compagnia.
Raissa fa altri due passi, ora è a una decina di metri.
– Posso darvi la gloria che il vostro talento pretende.
– E tu cosa pretendi?
– Quello che il mio talento dice: vendere, comprare, scambiare.
Non dico nulla. Lui riprende.
– Vi porto a ovest, dove troverete la fama e la ricchezza. Accrescerò il vostro talento solo schioccando le dita. In cambio, accetto qualcosa di meno della vostra anima, mica sono tutti pazzi come Robert Johnson.
Il vento precipita, trafigge le vesti, scuote le tele del conestoga, sposta Raissa di altri due passi. Ma il cappello del cocchiere resta saldo sulla testa, come di pietra.
– E quel meno sarebbe? – chiedo.
– La tua vita adesso. Non vale niente, come musicista non hai speranza. Ma la ragazza è un capolavoro, che finirà in miseria e dimenticata come mille altre messicane.
Raissa è messicana, ma bionda e alta, diafana, azzurra d’occhi e non la si direbbe mai latina.
– Capisci?
– Capisco.
Guardo Raissa, ormai lontana, e senza avere il tempo per nulla, la vedo piantarsi il coltello nel cuore e cadere di schiena.
Mi volto, il carro, il cocchiere, i muli, il vento, il crocevia, non ci sono più.
La notte inghiotte i miei passi.
gene
Postilla
Alcuni uomini sono nati dopo la morte.
Friedrich Nietzsche
