
Quanto hai guardato prima di infilare il coltello nella mia pancia?
Quanto hai chiesto a me il significato della mia esistenza?
Quanto hai scavato nella miniera della tua tua pietraia?
Quando hai occluso le vene con il laudano delle parole sacre?
Quando ti sei spinto nello svincolo dove adesso mangi i cuori?
Cosa hai studiato nelle sere dove i tuoi occhi non vedevano?
Quanto hai potuto guardare senza che nessuno suggerisse?
Quante dita storte ti hanno indicato la via che non era diritta?
Cosa pensi quando ridi e poi suoni la tua voce flautata?
Quale dissonanza non senti nell’aria che suoni?
Quanti codici tramandati hai usato per reiterare inganno?
Quante connivenze hanno tappato voci suppliche pianti?
Quanti stanno tremando nell’oscurità nel timore della tua bocca?
Quali promesse mi hai chiesto e non hai mantenuto?
Quale dilemma irrisolto ti scatena la parola amore?
Quanti sudari sovrapposti stendi per coprirti innocente?
Quante orazioni svolgi con la tua ombra inginocchiata?
Cosa dice il tuo pensiero mentre srotola menzogne?
Quanta mia fiducia hai tradito restituendo interessi maligni?
Quanti di questi duemilaventitré anni hai dedicato al mio bene?
Quanti roghi hai acceso per lavare l’onta delle tue regole infrante?
Non risponderai, ma adesso tocca a te incassare:
dolore pietraia scavo occlusione inganno dilemma menzogna dissonanza ombra oscurità tremore tradimento onta rogo
Cosa potrai fare se non morire da vivo?
gene

2 risposte a “Nel nome della fede”
Pensardo che, secondo chi l’ fatto, non ha fatto niente di male. Tutto qui.
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Non è tutto qui, gli interrogativi sono le porte per condanne più ampie. Tutto qui è ciò che direbbe la difesa dei crimini, che sono molteplici e legati tra loro in un intreccio che dipanare è un dovere civile
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