tuttologia in direzione contraria

La confusione del Circo Ingombranti

Al controllo della remota possibilità di tenere a freno le emozioni per rottami ancora buoni, c’è il Big con la scritta TRUMP sul cappellino. Il Big è il manager delle benne a semicerchio, qua il legno, qui il ferro, lì il vetro, là l’elettronica, ovunque la plastica. Vado giù il mercoledì, il giorno in cui il Circo Ingombranti arriva in paese e la meraviglia per l’impossibile è sempre nuova, come un bimbetto che rinasce una volta al mese per far contenti el pa’ e la mam, che sennò gli tocca aspettare sempre più di un anno per rinnovare l’evento, tenendosi in casa il piccolo torleri.
Il Big dice – Cosa vuoi? Che ci metta CASSIS? –
Obiettare è impossibile, sarebbe come disboscare un roveto a mani nude, vince lui. E poi mi indica offeso il cassone dell’elettronica, e ci vado con il mio stereo a cassette che mi piange il cuore.
Il Big ha un attimo di comprensione. – È dura la vita per noi artisti! –
L’ambiente è quello dove i perdigiorno guardano scavi, ma al quadrato. Per un barattolo di vernice rinsecchita o un microonde esploso ci vuole mezzora, per una sedia skottkärra svitata anche di più perché c’è sempre qualcuno che dice di aspettare, che magari, in giardino, in cantina, a monte.
Nel frattempo, il Big se n’è andato e al tavolino ce ne sono altri due, sottoposti. Nel cassone del legno porto un attaccapanni irrimediabile e cosa ci scorgo? Una slitta, una Davos, intatta. Me la prendo, ma chiedo ai sottoposti.
– Dobbiamo sentire il Big. –
Va bene. Torno dopo un’oretta con il set di scarpe consunte e chiedo se, allora, la slitta?
– Ah no. Il Big ha detto che gli serve. –
Me lo vedo, col cappellino e i cento chili sulla Davos.
Ripiego su un cavo uessbee e mi dicono che quello posso prenderlo. Ma verso sera lo riporto, solo per arraffare la slitta col favore del buio, mentre il Big sarà già in lacrime davanti al telegiornale, commosso col cappellino in mano a sentire di deportati e dazi, confondendosi.

gene


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