tuttologia in direzione contraria

Noi senzaEnzino

Dalla radio uscì questa strana canzone, mentre nel ‘67 si svolgevano i tornanti della Lavizzara. Persino il papà, che era fermo alla Verzaschina e a noti canti alpini, sorrise al pensiero di uno con le scarpe da tennis che si meravigliava della marcia indietro. La radio fischiava sulle onde medie, la Opel Rekord verde annaspava in seconda. Qualche anno dopo e con qualche cognizione in più, il sorriso si ammantò di amarezza per il mucchio di cartone sotto il quale trovarono il barbone romantico, con le scarpe da tennis, ferme per sempre.
Il 29 marzo 2013 s’è fermato anche il cuore del cardiochirurgo Enzo Jannacci, e forse non è più il caso che lui stia lì a farsi l’eterna domanda: meglio dottore o cantante? Dai malati poveri che lui curava gratis ai poveri orfani della sua umanità riversata nella musica che siamo noi adesso, dalla Resega all’Espoticino, dal Teatro di Chiasso allo Smeraldo di Milano, Enzino ci ha ricordato con struggente costanza che la vita è poesia, illuminandola nelle drammatiche e travolgenti canzoni che hanno costellato la sua e la nostra strada.
Con i suoi discorsi che si ingarbugliavano per poi riapparire liberati e limpidi inframmezzava le sue storie cantate, che partivano dalla sua Milano per svelare il mondo dove c’era un debole, un emarginato, un solitario, un abbandonato, un inquieto, un drogato, un morto o una puttana. Si rideva e si pensava, due tra le condizioni migliori per l’animo.
Per capire Jannacci bastava essere come lui, anche se con tonnellate di talento in meno. Ti veniva un’idea e lui l’aveva già realizzata, ti arrabbiavi e lui dava voce alla tua rabbia, eri innamorato e non avevi parole più belle delle sue per dirlo, eri solo e lui ti regalava la sua solitudine. Scalpitavi sui tuoi sandali, con la certezza che nella canicola polverosa una birra faceva più gola di un mazzo di rose. E quella birra te l’allungava lui.
Ha lasciato un’eredità enorme, l’Enzino, che i disgraziati come noi non sprecheranno. Il problema è tramandarla questa eredità, riuscire a far crescere il fiore dell’altruismo in un mondo ormai gelido, dove le persone non si divertono neanche quando ridono e che vivono da malati per morire da sani. Comunque, noi staremo qua tutta la vita, anche senza la biro, solo per il gusto di ascoltare te, come se fossimo tutti stipati in una Opel Rekord verde con tre sole marce sul volante e un’ipotesi di marcia indietro.

gene


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