
11 agosto 2025
Nella sera delle stelle cadenti, la più brillante di tutte si offuscava, rannicchiata sull’asse del gabinetto. Come una parentesi che si chiude, piegata su stessa per contenere le convulsioni delle braccia. Questo non è un racconto immaginifico, è la cronaca di una realtà che verso le sette di mattina si è ammantata di sconforto. Questo sentimento non lo provavo da millenni. Al punto di pensare che non esistesse nemmeno più. Uno sconforto erratico come un masso gigante che, liberato dal ghiacciaio razionale del mio cervello, ha schiacciato il mio spirito. Ma non per qualcosa che stesse succedendo a me, cioè, sì indirettamente colpiva me e l’afflizione era tutta mia. Però era la stella ripiegata a scatenare il dolore, acuito dalla vista dei suoi vestiti pronti sulla seggiola, ma inutilizzati e sfocati dalle mie lacrime.
Mentre la stella nuda si afflosciava nei suoi tormenti incontrollabili e giunti da un ignoto spaventoso. Eppure questa stella cercava di trattenere la sua luce, con la forza interstellare dei suoi sì, va bene, alle mie domande. Con la forza che nessuno può conoscere. Sì, al mio incitamento ad alzarsi da quell’asse maledetto e riposare nel suo letto color firmamento.
E allora sorge di nuovo, si sposta al lavandino. Ma rimane lì inane, senza aprire il rubinetto o guardarsi allo specchio. Sempre più pallida, a mulinare il suo tormento con le braccia e le mani, impossibilitata a controllarne gli spasmi. E ancora le domande, e i sì, i va bene. Ma senza riuscire, fragile come un’esclamazione a vuoto.
Questa stella, che è la sola divinità apparsami, e nessuno ne abbia onta, ha cambiato il corso dei miei pensieri. La divinità, la stella, ora stava lottando per fermare il mulino delle sue braccia. Ma io ero un Don Chisciotte incapace di affrontare quel vortice, arreso alla disperazione pervasa di dolore e rabbia, travolto dal pianto in tempesta.
Eppure, ecco un’apparizione, venuta da lontano. Con fermezza femminile si fa sulla soglia. Con i poteri di Eos.
Allora, allora, la divinità si è lasciata vestire, e splendendo ha disceso le scale, ancora incerta. Ha messo le scarpe ed è uscita nella luce dell’alba. Col cuore gonfio d’amore, e l’umano sconforto ricacciato al suo posto nel nulla, io ho capito: tornerà a risplendere. Ce la farà.
gene

