
Il mio Pa’ amava Thun, per gli aerei e il cibo, cose importanti in tempo di guerra. A me la cittadina piace per la sua posizione tra montagne incredibili che la sorvegliano. Una ha dato anche il nome allo stadio, Stockhorn. Dopo la partita toccherà fare un giro largo per tornare in stazione. C’è la processione di tifosi, giovanissimi che in branco fanno i duri con gesti belluini, ma poi sono teneri.
Incontro Kerouac che mi dice a bruciapelo: “Oltre le strade sfavillanti c’era il buio, e oltre il buio il West. Dovevo andare.”
Va bene Jack, devo andare anch’io, nel buio dell’Oberland. Nella luce sfavillante di Berna al mattino, penso a mia figlia e aspetto un’altra partita. Non ho gli affanni del mio Pa’, la guerra, la fame. Ne ho altri, non rimarchevoli, più simili al mondo beat. Uno è la velata malinconia.
“Il mare non bagna la Svizzera e soprattutto Berna.” dice Marcello. Okay. Allora volterò le spalle a Palazzo Federale e alle sue delegazioni. Non per rivolta, cioè, un po’ sì, ma perché mi devo concentrare sulla partita del pomeriggio. Che come tutte le partite sarà preceduta da distinguo e motivazioni, si svolgerà a caso con la fortuna a sbriciolare tattiche e trappole. Dopo, seguiranno scuse, giustificazioni e cose così.
Penserò a tipi brillanti, alle loro vedute.
Ne incontro uno mentre attendo l’orario per una stange. “Lo sviluppo è un viaggio con molti più naufraghi che naviganti”, mi fa Galeano sedendosi.
“Vale anche per una partita di calcio?”
“Soprattutto. Anche se pensiamo di no, il fútbol è perfetto per capire la vita”.
Urca, penso, cominciamo belli pesanti. Il mio Pa’ credo che non la vedesse così, quando mi intimava di non pensare solo al pallone.
A quest’ora posso solo immaginarlo, il fútbol, quello del pomeriggio al Wankdorf, col suo orologio fermo all’ultima partita giocata nel vecchio impianto. Il tempo mica si ferma. Oppure sì, lui immobile e noi in movimento dentro di lui?
“I giorni sono forse uguali per un orologio, ma non per un uomo.” Ciao Marcel, siediti pure, ti offro una Madeleine. Stamattina sono tutti in giro eh? Comunque, per l’orologio del Wankdorf di certo i giorni sono tutti fermi e uguali, hai ragione.
Stasera, al ritorno, sono certo che anche il mio Pa’ sarebbe d’accordo: meglio una partita che la guerra. Vincere, perdere, pareggiare, sarà un presente indaffarato. Poi solo il passato che non vale più e un futuro da immaginare. L’importante è stare lì imperterriti come l’orologio del Wankdorf, a vedere il mondo che passa.
gene
