
Bisogna crescere, non star lì a fare i pici con la scusa che uno è fatto così e ciola, cambiare, facile a dirsi per te che al massimo ti domandi se ci va l’aromat. Ci vogliono momenti di confessione pubblica, ecché, fare ammenda, incassare gli eraora e i bravo, che fanno imbufalire come i staicalmo faniente quando hai sbagliato a porta vuota. Magari uno cresce be’ anche, anche se sul momento non se ne accorge e tutto ha in mente meno che starecalmo. E faniente una sega, faniente.
Nel percorso di crescita del Genetelli, il momento più impegnativo è stato quando ha visto, alto come il Piz da Crèe, il suo fallimento.
Allora, autofiction!
Il Genetelli non aveva una squadra, sempre fuori età, piccolo generalmente. Triplare triplare triplare. Ma ala Lisc’chi, pantano bonificato, o in Pasquei, la piazza, quella con ostacoli durissimi come le panchine ad altezza stinco o la fontana che ingombra, come Schwarzenbeck con gli olandesi. Avversari più infidi del Meme o del Clod, ultime scelte del pari e dispari, o del Leti che scalcia da dietro.
Un’idea è stata allora il passaggio, da attaccante a tutta piazza, a portiere. Sempre senza squadra e a dodici anni è un fardello grande come una pioda. Ok, portiere senza squadra, ma tenersi pronti. Allenamento in Busciarini, il Giani a tirare con i piedi, non troppo buoni, e con le mani, e il Genetelli tra due sassi e i guanti da giardino del Pa’. A balzare spettacolare anche quando non serve.
Che portiere! ha detto il Giani il settimo giorno di sedute al crepuscolo. Al crepuscolo perché prima c’è la scuola. E la scuola ha il torneo. Il torneo dei paesi consortili. Almeno quello.
Bisogna crescere, abbandonare il certo per il dubbio. Poi, ah, trasformare il dubbio in convinzione: basta con i gol da fare, è il tempo dei gol da evitare. Come per tutta l’esistenza, che il Genetelli in quei giorni immagina che possa spingersi fino ai vent’anni e a Anfield a prendere il posto di Clemence, dopo aver scalzato Rossini dall’ACeBe.
La prima partita del torneo la salta per punizione da parte del Pa’, groppo irrisolto e più volte svelato in scritti meno onesti di questo. Ma la seconda è il debutto: portiere.
Vincono quindici a zero, segnano tutti, anche il Meme che la sola porta che riconosce è quella di casa. Al Genetelli non arriva neanche un tiro, tanto che nel finale è andato avanti, sempre coi guanti del Pa’, ha dribblato tutti i poveretti e poi ha calciato a lato della porta vuota. Staicalmo faniente.
Segnata sul taccuino del cervello quella data di merda lì, eccoli i fallimenti che ti fanno rialzare. Il Genetelli è tornato ai dribbling, diffidando delle porte, fino a circa sessantadue anni. Senza passare da Anfield, ma con la sensazione di essere cresciuto a dispetto delle opinioni. E l’aromat ci va.
gene
