tuttologia in direzione contraria

Hanno parlato tutti. Penso di poter dire qualcosa io, che mi contorco dal dolore dell’anima in attesa di quello atroce del corpo, il pegno per la vita eterna. E non ci crede nessuno, solo il mio angelo mi sostiene. Non so se sia il vero padre del nascituro, non lo so, non conosco più l’amore carnale, mi sono ritrovata così un mattino di vento dopo una notte così stellata da far male agli occhi. Il mio sposo non è stato, dopo l’ultimo figlio non mi ha fatto che da padre. Buono, vecchio, ha sempre portato il pane in casa dopo giornate di lavoro con il dolce e paziente legno di cedro.
So che mio figlio morirà giovane, in nome del padre suo, quello immateriale. Questo padre che fa morire tutti, che infligge sofferenze usando l’Uomo come tramite. Non siamo che polvere nelle sue mani, torniamo alla terra indurita intrisa di lacrime. Non c’è promessa, ma io so che sarà lui, mio figlio, a volere la speranza.
Le doglie mi contorcono, la notte si avvicina e cambierà il mio mondo. Mio figlio mi ripudierà e io crollerò con il peso della mia croce. E poi seguiranno secoli di barbarie, di adorazioni tardive e inutili, di fandonie nel nome della fede.
Questo bue e questo asino, dalla profondità dell’innocenza che esala tiepida dalle loro narici e che illumina i loro occhi, sono i soli esseri che mi danno la forza per non uccidere il figlio che nascerà, per consegnarlo alla vendetta.
Sono qui per resistere avvolta nella colpa, muta e ubbidiente.
Questo è il destino di ogni madre. Di ogni donna.

gene


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