tuttologia in direzione contraria

Mi saranno chieste cose impossibile, miracoli. Ma è perché nasco segnato: dopo poche ore già vedo tutta la mia vita. Perfino l’asino mi chiama Profeta. Per ora ho schivato il censimento dell’Imperatore, ma so che sarò presto riconosciuto. Lasceremo questa greppia non appena mia madre si sarà ripresa, per tornare a casa.
Mi lasceranno in pace per tutta l’infanzia. Adolescente, potrò già pensare agli altri, ma mi chiederanno di essere casto.
“Andrai in giro accogliendo fratelli, e qualche sorella”. Già. Nemmeno l’amore per me mi lasceranno, ma io la sposa clandestina la vorrò e lei mi accoglierà. Nessun miracolo, se non questo.
I pesci saranno sempre pochi, il vino annacquato. Non farò che attraversare deserti mangiando polvere, con qualche riparo all’ombra di poveri ulivi. Mi è concessa l’ira, questo sì, solo per darmi del Maestro o del Sobillatore. Non potrò mai spiegare che la rivoluzione è nel cuore di ognuno e non sarò io a istillarvela.
Eppure, nel rivoltante mercimonio di anime che nei templi sono deprivate dei corpi, innocenza offerta a un dio che nemmeno si mostra, pure io sarò tradito e sacrificato.
Non sarò Re, non sarò più Figlio: questo mi basta. Che pace.
La mia morte sarà lo spettacolo più grandioso. Avide bocche, orecchie chiuse, occhi come dardi: trafitto, inascoltato, divorato.
Per quale scopo? Nessuno.
Spero di restare nell’oblio di un sepolcro e tornare infine alla terra da dove sono fiorito oggi.

gene


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