
Due uomini sono seduti all’ombra di un castagno, stranamente solitario sul crinale sassoso di quella che potrebbe essere un’isola. Guardano verso l’orizzonte.
Devi proprio andare via?
Sì, è così, lo sai.
Lo so. Ma poi qua cosa facciamo?
Amico mio, tocca a te, insomma. Non aspettare che altri decidano in tuo nome, che poi faranno comunque peggio di quanto saresti stato capace di fare tu, rovineranno il tuo progetto. E aggiungo che “fare” non è un obbligo.
In che senso?
Dai che lo sai.
Si guardano.
Non lo so. Dillo.
Il senso, appunto, è ciò che conta, è da cercare. Possibilmente prima di mettersi a “fare”. Può andare bene anche dopo, ma il rischio è di scambiarlo per una forma di giustificazione, una scusa. Non sarebbe un fallimento?
Ci devo pensare… E se cercare il senso prima di ogni azione non fosse altro che mancanza di coraggio?
Questo lo puoi sapere solo tu e se così fosse sarebbe anche questa una giustificazione invece che un’idea, è come sapere fin dall’inizio che non succederà niente, sarà solo un’apparenza, una futilità. Ti dico però che secondo me ci sono idee che sono così belle da non poter essere realizzate, e vivono da sole nella tua testa. Sono opere, incompiute sì, ma anche inattaccabili: le chiamiamo ideali. Spesso roviniamo le nostre idee provando a realizzarle invece che idealizzarle. Resta il fatto che l’idea sarebbe meglio che venga prima di tutto, del successo o del fallimento.
Cos’è il fallimento?
L’egoismo. Se un’idea serve solo a me, allora non serve a niente. Si sta bene solo se stanno bene tutti, quante volte lo abbiamo detto. Possiamo scambiarci cose, il pane, i soldi, i cacciavite, ogni attrezzo e oggetto, ma non moltiplichiamo nulla. La tentazione di rubare cose materiali senza averne bisogno è sempre presente. Mentre se ci scambiamo idee ci completiamo, anche se mi rubi un’idea, quell’idea resta sempre anche a me. Anche l’odio è un’idea e si espande, ma è fondato sull’egoismo che avvilisce: la mia paura conta più di te e quindi cerco di eliminarti, colpisco il tuo intelletto e il tuo corpo prima che tu colpisca me. O incarico qualcuno di farlo al posto mio, perché l’egoismo e l’odio sono i segni del pavido e quindi del vigliacco che dirà sempre: non sono stato io. E invece sei stato proprio tu.
Se ne stanno in silenzio per un po’, il sole sta calando.
E dove andrai?
Bella domanda. Me lo sono chiesto tutti i giorni della mia vita. E non lo so. Forse abbandonare questo corpo che cade a pezzi significa non essere più da nessuna parte. O forse resterò solo con la capacità di pensare, senza arti, senza organi, senza capelli, senza voce. Una goccia di splendore nel vomito del mondo. Un’utopia.
Sarebbe bello.
Si alzano e se ne vanno, in direzioni opposte. Non si incontreranno più, ma continueranno a scambiarsi idee.
gene
Postilla
Un uomo senza sogni, senza utopie, senza ideali, sarebbe un mostruoso animale, un cinghiale laureato in matematica pura.
Fabrizio de André





