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Ieri è morto Maradona, ma oggi torna Salah, che in certi momenti ne è la reincarnazione. Momo non avrà mai la personalità debordante del D10S, non sta in mezzo al campo a far passare tutto il mondo da sé per restituirlo trasformato nell’inconcepibile. Ma dalla fascia sinistra il suo sinistro inventa giochi che non si vedono da altri, spesso in piena corsa e ti chiedi: COSA?! Oggi per Salah c’è l’orrido Real Madrid, il paradigma dell’improntitudine, che quella volta in finale aveva mandato Sergio Ramos a spaccargli una spalla e andarsene impunito. Ma i tempi cambiano in peggio per i Ramos, per Salah no, è sempre il faro di noi romantici Reds. Salah in quindici partite stagionali con il Liverpool, che è al primo posto in tutte le classifiche, ha segnato 14 gol e offerto 15 assist. E non gli hanno ancora rinnovato il contratto che scade a giugno del 2025, miscredenti. A lui che giocherà per sempre in questo modo, anche con i capelli corti, altro che il Sansone devitalizzato. Se avessi un club, anche di Quinta, io una propostina gliela farei adesso.
gene
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Ormai siamo lì, sul fondo di campionati noiosissimi. È il tramonto del Sopraceneri come idea di mondo, di cui Ambrì e AC Bellinzona sono state le luminose avanguardie. Ora sono retroguardie che vorrebbero ancora il progresso come valore, ma le buone intenzioni sono naufragate nella realtà spietata: HCAP penultimo, ACB quartultimo. Sì sì, okay, mancano tante partite, vedremo, i soldi, gli arbitri, la sfiga, il funerale di mio zio, ho avuto un incidente, l’alluvione, le cavallette. È che nella Repubblica delle Iperboli, solo Lugano è resistente e credibile, il resto andrebbe finalmente considerato come provincia e in 350mila non è che si possa andare verso la gloria tutti quanti. Occorre redimersi: il Sottoceneri è la locomotiva, noi di quassù siamo la carretta e se non ci sono braccia è inutile pensare che prosegua. Poi va bene, la passione, la tradizione, il tifo, l’eredità e bla e bla. Non ce la facciamo più, meglio darsi al dopolavoro e lasciare a quelli forti la fatica di sbrigarsela con i bit e i coin. Da dilettanti, hanno molto senso anche i din e i don dei campanacci.
gene
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Kren è impassibile quando Cadieux infila Baron e fa il due. Vincent di là invita subito i suoi a continuare così, tanto dietro c’è Molina che riduce la gabbia a scatoletta di fiammiferi. Nevica, governo ladro, bisogna spazzare il ghiaccio, ma forse è una fortuna. Tornano, quassù siamo imbiancati. Genuizzi piazza parabole oltre le due linee, ma nessuno dei Celio, Alberto Bixio Brenno Cipriano Claudio Daniele Enzo Filippo Florio Guido Manuele Nicola Numa Renato Tino, nessuno riesce a tenere. Malkov si rompe. Avanza Agustoni, la passa a Giudici e fa il tre. Orrore. Ormai, tanto vale, dentro tutti, Bathgate Jaks Taragnoli Gaw Trudel Tajcnar Gardner Petrov Casserini Bullard Viganò Panzera Rossetti. Il Vecio accorcia e non sembra vero aver segnato per caso al monolite Alfio. Ne manca uno, sot a cu biot. Al Titi Gagliardi sudano anche i capelli e la neve non gli si attacca nemmeno sulle mani un po’ di legno che mandano il disco a stimo. Suonano i tamburi bianconeri, che roba nuova, che rottura e abbiamo un bel gridare Ambrì Ambrì: sembriamo indietro di mille anni. Cipriano la passa al figlio Manuele e subito cado dieci metri sotto per il terremoto degli ottomila. Pari. E manca McCourt e allora l’indiano alza il bastone a tre secondi dalla sirena, mi tappo le orecchie e lo vedo il disco che va oltre il suono verso l’angolino impossibile per l’Invalicabile…
Tong!
È ORA, grida la mia mamma.
Mi sveglio sul più bello. Come sempre.gene
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Il contropiede è una cosa da corsari. In poche righe e senza virgole devi andare dritto al goal, parolina che in origine designa la meta. Il contropiede è l’elevazione della pratica sulla teoria, mentre questa rimugina tiquitaquando e intanto non s’avvede del lancio con la liana e del calcio alla porta.
Sembra un po’ vile il contropiede, un attentato ai nobili principi, ma è solo scaltrezza, è il povero che ruba ai ricchi molto più ladri di lui altrimenti non sarebbero ricchi (corollario di Antem, ndr).
Il contropiede è un paradigma delle cose fatte bene, secondo ricetta:
X ozio, Y pazienza, 1 idea brillante, 1 scatto, 1 gol, mantecare con altro ozio.
I barocchisti di ogni forma ti guardano come dire: Pouret; ma ti invidiano, caro e vecchio e irritante contropiede. Solo che non lo ammetteranno mai, continuando a schierare artisti in gran numero, funamboli di mezzo e allegroni di retrovia – più magari un portiere immacolato degno di Versailles, ignaro delle ghigliottine. Capita che il meccanismo pensoso funzioni lo stesso, è quasi una conseguenza della ragione sull’istinto, ma quando si inceppa per una clava buttata tra i fioretti allora scappa da ridere a tutti, o quasi.
Quante righe buttate a dilungarsi, tradendo il contropiede stesso. Ma era per dire di non fidarsi delle squadre di calcio: quando non sanno cosa fare, e capita sempre di non sapere cosa fare, TUTTE si difendono e sperano di ripartire, anche a tradimento. Inoltre: gli allenatori mentono. Il contropiede è vivo e lotta insieme a noi.gene
Nota: in dialetto di Preonzo si dice Contropé, ancora più acuto e tagliente, maiuscolo.
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C’è l’invidia di noi europei stanziali per i sudamericani, quelli del calcio: sanno giocare ancora emanando un sentore di selva, noi di deodorante. (per inciso personale, pure gli scrittori hanno quel qualcosa di limpido, rozzo e irraggiungibile, penso a Soriano, Coloane, Cortazar, Bolano). Il trainante football del nostro continente è avviluppato di tattiche e conteggi, nonché di competizioni futili come la Nations League, con il virus dei calendari alluvionali che travolgono i giorni dell’anno. E naturalmente, visto che compriamo tutto, nella routine inarrestabile ci sono anche i sudamericani che giocano qui, sempre e sostanzialmente i migliori per i romantici che amano l’elogio della follia. Poi tornano giù con le loro maglie nazionali e ritornano allo stato originale.
Intanto che noi ci annoiamo con la miriade di Nazionali, i sudamericani sono alle prese con le qualificazioni mondiali, nel loro immutabile girone unico dove si nuota o si annega. L’Argentina ha perso dal Paraguay, resta al primo posto ma è lì col naso in mezzo alla faccia per la sconfitta. Con due tiri in porta i Guaranì hanno fatto match: Sanabria con una rovesciata e Alderete di testa. Con soli 184 passaggi riusciti, ma ritmati da una banda che ha suonato per tutto l’incontro. Non tanto meglio i gauchos: il gol di Lautaro è stato l’unico tiro dei Campioni del Mondo nello specchio. Il coach del Paraguay, Gustavo Alfaro, non ha fatto una piega nemmeno quando l’Estadio Defensores del Chaco (mai nomi, i nomi… altro che sponsor) è traboccato come l’acqua dalla pentola. Si è limitato a toccarsi le tempie, cabeza ragazzi. Ma forse perché è argentino e comunque l’unico a non scomporsi nella baraonda.
Partita bruttina, per i parametri da salotto. Meravigliosa per quelli della selva. Che invidia, in Europa non se ne vedono più, nemmeno in Quarta Lega.gene
