Lo sapevo che era un ambasciatore e non un amore, ma la noia delle mie giornate era
talmente vischiosa da fare di una visita qualunque un raggio di luce. Quello era venuto qui all’ospizio con fiori e cioccolatini. Era del mio paese e quando ero ancora in grado di fare tutto da me a casa mia non s’era mai fatto vedere, se non per chiedere al mio primo figlio nel giorno dei suoi vent’anni di andare poi a votare, neh?
– Cara Maria, allora, come andiamo? – mi chiese chinandosi con il mazzo di fiori, mentre stavo per mangiare il budino.
– Come andiamo chi e dove?
– Nel senso di come sta, di salute.
Lo poteva vedere de sé come stavo, in carrozzina e con la pelle come quella delle pere a terra. Ma gli risposi.
– Bene. Hai bisogno qualcosa?
– Ma no, suvvia…
– Un uomo coi fiori ha senso allora?
– Per darli a lei.
– Grazie, mettili in quel vaso là.
Filò dritto come un dardo. Mica ero rincoglionita, lo sapevo anch’io che di lì a dieci giorni ci sarebbero state le elezioni comunali e che lui era il padre di un candidato, nonché padrone del paese pur stando all’ombra dei suoi bravi. Un ambasciatore, un messo, e mi chiedevo come potesse abbassarsi così alla sua età, forse per medicare con la politica l’inettitudine del figlio. Con la nuova invenzione del voto per corrispondenza si tornava al galoppinaggio sfrenato, lo stesso sistema che aveva permesso a lui e ai suoi di spadroneggiare tra casa, chiesa e scuola. Se avessero potuto, avrebbero cavato morti dalle tombe.
Un paese così, stupido e avido, inchinato a quelli lì per rimediare di tanto in tanto un posto di lavoro, un favore minore o anche solo la benevolenza.
– Adesso dimmi: pensi che quei fiori valgano un voto, il mio, che per quel che mi riguarda e a questo punto il mondo potrebbe pure esplodere?
Tramestò come una folla con gli zolfanelli accesi nelle scarpe, si fece bianco e rosso, oleoso come un ampolla.
– Guardi Maria che la salute dei nostri malati è importante per me. Siete la nostra memoria, le nostre radici. Suo padre era un grand’uomo, ha dato molto alla nostra comunità, con onestà e amicizia nei miei confronti. E la sua cara figlia… oh, la ragazza più bella del paese, un fiore della nostra valle. Mi siete tutti nel cuore, il nostro paese in fondo è una grande famiglia unita nelle fede in Dio e nello Stato. Da qui sono partiti giovani che si sono fatti onore nelle Arti e nella Diocesi. Voi che state in questo ospizio siete figli e genitori di un mondo sano e con veri valori.
– Io non sono più molto sana.
– Beh, non intendevo… Insomma, non vi dimentichiamo mai.
– Vedo…
Scartabellò nella mappa e tirò fuori un malloppo.
– Le faccio vedere come si vota. Non sia mai che annulli la scheda solo perché nessuno le mostra come si fa, sarebbe un gran peccato.
Rise come se avesse detto bellissime facezie.
– Hai per caso anche la matita? La mia devo averla perduta, che distratta.
– Certo cara!
Mi spinse il malloppo e mi mise in mano una matita nuova di zecca. Si sedette di fronte, illuminato come una lanterna, mentre io guardavo quel papiro con i nomi delle liste e dei candidati. Ne conoscevo molti, riconobbi il gruppo dell’ambasciatore galoppante, ma feci finta di scrutare a vista bassa.
– Come si chiama il partito del tuo caro figliolo?
– Avanti Con Moderazione! Non è un bellissimo slogan?
– Bellissimo, dice tutto – risposi, felice, con una malignità che lui scambiò per fervore.
Tirai per le lunghe, giusto per vedere fino a che punto potesse friggere senza prender fuoco. Poi scrissi.
– Ecco, caro!
Prese il foglio pronto a decollare dalla gioia, lo girò e nel leggere strinse la bocca così forte che pareva di voler inghiottire le labbra. Poi mi guardò, con il dolore dei santi martoriati.
– Spero si capisca, orma la mia mano è un po’ malferma – spiegai, come una vecchia felice e in punto di morte, quale sarei potuta essere ogni istante da lì in avanti.
Balzò in piedi rovesciando la sedia, andò al vaso, riprese i fiori e scappò senza salutare e senza augurarsi il mio bene. Sembrava lasciare dietro sé una striscia di bava, come i lumaconi.
Il papiro era lì, dimenticato e inservibile. La scritta campeggiava. Un bellissimo slogan.
Avanti a cagare ma Con Moderazione!
Accostai il budino e presi a mangiare con somma contentezza.
gene
Postilla
Poi, dopo le votazioni, spariscono tutti ed è perfino bello, forse bellissimo.