Or che tutti quanti in giolla ai voti si proclamano vincenti e giù grazie e son commosso di cotanto affetto, restano nel vuoto delle camerette i trombati prediletti solamente dai lor cari e qualche amico impietosito Che faranno lor signori attapirati? Son contenti anch’essi, ce lo dicono, però con le cravatte che un po’ frignano e le braghe da calate tornano in vita (sa sa mai, ghé sempro un quai cretin) E al prossimo passaggio di carrozze ci sarà ancora un posticino in truppamento in altra lista agglomerata un po’ alla merda Ma che importa? Alla lunga tutti quanti son convinti di conquista e medagliette e i santini son già in testa in colori sfavillanti e la marsina? Ma chessce frega Il gonzo popolo, il nostro da servire a liste civiche o pompose della Storia, fa festina con le croste del pan secco e s’incula il cervellino pensando al tempo bello che farà di certo almeno fino a giovedì
Allora orrore che troppi turpi e stupri infestano, è festa in testa, questa mia epifania e via via andare, scrivere, correre alle dita, finita finta, una storia di gloria varia e breve, neve lieve d’aprile
gene
10 aprile 2024
Postilla (…) Perché mi guardavi così? Ti ho forse tradito io? Eravamo giovani, ma non per questo si cambia. Ti ricordi del calcio, della musica, dell’amore? Ti ricordi il magma delle cose e come rombavano i cuori? (…) g.
Ogni donna è una strega, ogni era ne ha bruciato il mistero, ogni uomo tenta di sopraffarne l’incanto. Ogni donna ama e ferisce, culla e lenisce. Ogni donna è lapidata per il suo bene e per il suo peccato. Ogni donna è prigioniera, si ribella, si libera, è offesa e offende. Ogni donna ha occhi che brillano e dardeggiano, lastre di cielo e lingue di fuoco. Ogni donna ha una figlia che diverrà madre senza smettere di essere figlia. Ogni donna siede nel silenzio in cui è costretta. Ogni donna è permeata d’incoscienza come sola opposizione alla coscienza corrotta dell’uomo. Ogni donna vuole essere uomo, per uccidersi un istante. Ogni donna disperde bellezza nella vana rivalsa. Ogni donna ama come se fosse ultima o per sempre. Ogni donna abbandona dopo essere abbandonata. Ogni donna abbandona prima di essere abbandonata. Ogni donna sogna un mondo migliore, ma s’inchina al peggiore. Ogni donna è amata. Ogni donna.
gene
Postilla Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo, sono i libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e nutrono il mondo. William Shakespeare
(…) Saranno mesi sospesi nel vuoto. Quando si sveglia al lunedì verso le sei e mezza è già sfinito per la partita e la Dele, e la settimana si fa lunga, i giorni paiono inconcludenti. La partita sarà solo la domenica – e quella di ieri è stata giocata coi pensieri dislocati e persa, ancora una volta, senza nemmeno cordoglio – ma il lavoro è quotidiano e gli fa male. La Dele invece la vede prendere l’autopostale in inverno che neanche albeggia, ma lei non lo degna di uno sguardo. La adocchierà per quei brevi istanti mattutini fino al venerdì, a volte pure quando scende alla sera, sempre con lo sguardo rivolto alla stalla del Senesio o ai suoi piedini coi mumbut, se c’è neve. A lui gli punge il cuore al ricordo di quella tombola quando si guardavano di soppiatto, a ogni numero estratto e segnato a casaccio con il disinteresse di chi cerca un alibi per non farsi prender via. Poi vai a sapere, e giù con le ipotesi alla rinfusa, la Dele è sfuggita e parlarle è inutile, ci aveva provato e lei aveva ribattuto a un semplice ciao con un “Non annoiarmi”, che una coltellata era meglio. Così, con queste folate di vento siringate nei nervi, guarda l’orologio alle sette e venti sperando che siano già le cinque per uscire e andare dal Carlin, che almeno c’è la cameriera argentina e non si sa come sia capitata lì. Darebbe l’idea, di starci, la ragazza, ma poi una sera la vedrà strusciarsi col bergom della masseria e metterà via la possibilità, anche quella, di un diversivo e la Dele tornerà a rompergli l’anima. Non se ne esce, in sostanza. Non vuole dichiararsi prigioniero dell’amore, e soprattutto non vuole che si sappia, anche se ogni tanto qualcuno lo stuzzica con qualche frase del tipo “Con le donne non si sa mai”, che considera rivolta solo a lui, come se avesse un bersaglio sul petto e gli altri che giocano a freccette. A nessuno interessa un cazzo dei suoi patemi, se non per sogghignarne, è chiaro come quando c’è d’accanirsi contro qualcuno sperando che non capiti a te (che sia un esorcismo?), ma lui soffre ormai anche di manie di persecuzione che si allungano come ombre della sera. Qualcosa dovrà pur fare oltre a scavarsi una buca grande come il Campirasc. E quindi lo fa, il qualcosa, sembra avere un piano, anche se dovrà aspettare l’occasione soffocandosi nell’ansia, ma dissimulando. – Te m’la diss an a nui la pensada? – (…)
I fej da mars al Primm ié indré i tramoro amò pai gugg da pruvini sarei denn in di botri ch’i trepisgi soi piann scic ch’i voress posèe amò
A mancava quai dì par ava e mam e peu el Quatordoss u ruerà e pan el sou o l’acqua fini a saludèe i dó matai primm da mandai pal monn cola furtunu
L’é ‘na furtunu in piraca e a trala foro a iutarà a mighi perdess in l’urizzi intan ch’la fa ‘l giir dala tere e dal ciel cenmili voll e par tucc ié fastidi
Pai matai a vegnerà an i dì pisei bei altri fiei e basin par spartii ‘l piasei da setass a taura coi pomm e luganigh o par nèe a spass e specièe i primul
Primivere par sempre as voress veigh ma la finiss in sgiugn e col call bujenn a sgere ‘l cher e i venn sveidei dal tut e a ruzèe in la piraca a gh’è più furtunu
E daigh e daigh l’urizzi la vegn sempre e in ultum la veisg lei a s’al sa be’ epur cui dì a taura o a vardèe primul lou i resterà in pei sense nèe ‘n tere
gene
Postilla Mia madre e mia sorella sono nate nello stesso giorno, restano in piedi. g.
Tempesta e fortuna
Le foglie di marzo al Primo sono indietro tremano ancora per gli aghi della brina chiuse nelle gemme impazienti sulle piante smunte che vorrebbero riposare ancora
Mancava qualche giorno per nonna e mamma e poi il Quattordici arriverà e anche il sole o l’acqua fina a salutare le due ragazze prima di mandarle per il mondo con la fortuna
È una fortuna in tasca e a tirarla fuori aiuterà a non perdersi nella tempesta intanto che farà il giro della terra e del cielo centomila volte e per tutti sono fastidi
Per le ragazze verranno i giorni più belli altri figli e baci per condividere il piacere di sedersi a tavola con patate e luganighe o per andare a spasso e aspettare le primule
Primavera per sempre si vorrebbe avere ma finisce in giugno e col caldo bollente si gela il cuore e le vene svuotate del tutto e a rovistare nella tasca non c’è più fortuna
Dagli e dagli la tempesta viene sempre e da ultimo vince lei lo si sa bene eppure quei giorni a tavola o a guardare primule loro resteranno in piedi senza cadere