tuttologia in direzione contraria

Giro della Terra

Scese in strada per capire il mondo. L’opulenza ormai sbiadita, ma conservata viandanteottusamente come un trofeo polveroso, disegnava una proterva difesa dell’esistente e soffocava ogni slancio. I poveri, sempre più numerosi, venivano additati e poi relegati in una specie di ludibrio. Strani personaggi agghindati e motorizzati erano i ricchi falsi, mentre i ricchi veri avevano colonizzato tutto quanto fosse a portata di potere. Lo Stato riduceva aiuti e solidarietà, bersagliato da slogan sulla libertà promossi da politici senza scrupoli che avevano ridotto strati enormi di popolazione alla schiavitù del debito, diretta conseguenza del lavoro pagato sempre meno. Ciò che in passato era stato affidato ai colpi di fucile delle guardie, ora era perpetrato a colpi di carta bollata, licenziamenti improvvisi e incassi selvaggi, sotto i quali la libertà dei poveri soffocava nel ricatto e nel bisogno.

Si guardò in giro. Umani fissi, nervosi, chiusi nella loro fretta solitaria; altri, indolenti o forse dolenti, inoperosi ai bordi della strada; vecchi con sparute borse di cibo; donne con occhiali da sole e foulard dentro macchine giganti; giovani col naso nello specchio del telefono. In calzoncini e sandali, lui era guardato con distratta commiserazione dai suoi pari, invisibile agli altri come un emblema decaduto e sepolto. Solo che lui non decadeva, il suo aspetto e la sua vita erano un inganno all’opulenza sbiadita, uno sberleffo alla libertà ingabbiata, un dribbling al regime depresso di vita, alle condizioni, ai compromessi.

Dentro di sé albergava la rivoluzione, ma sapeva che non sarebbe vissuto abbastanza per vederla in atto in quelle strade, dentro quei cuori intimoriti e confusi, oltre che immemori. Ne scorgeva tracce negli occhi di qualche passante, in qualche parola scritta; ne coglieva la speranza nei rifiuti ostinati di un bambino; nell’emozione di una maledizione alla radio e al governo. Ma duravano istanti, queste luci, subito inghiottite dalla disapprovazione.

La strada che stava percorrendo era d’asfalto, tra case in costruzione e altre già finite e all’apparenza vuote, come in attesa di vite che non sembravano entrarci mai. Supermercati affollatissimi, bar deserti. Ogni cinque minuti passava una macchina della polizia, a passo lento, come se vigilasse sull’imminenza di un danno e non sulla realtà addomesticata della rassegnazione. All’edicola, i giornali eruttavano interviste tutte uguali, commenti banali, esaltazioni di baci clandestini, indagini sui cani abbandonati, prediche, ipocrisie.

Quando il modello di vita cresceva sulle divinità del denaro e del possesso, l’asfalto era nero e fresco; ora che tutto apparteneva a qualcuno, si fissurava d’incuria sottile. Pareti smunte di una tonalità, come un velo sugli occhi; siepi sempreverdi sostituite da pannelli di ferro o muri di cemento armato tirato a liscio.

Per la prima volta si sentì un migrante, tale e quale gli altri fratelli di terre ignote minacciati di espulsione. Migrante in marcia su quella strada arcinota e stravolta.

Continuò a camminare, oltre case e ponti, lasciando alle spalle l’opulenza sbiadita e la fissità umana. Il cielo si fece davvero azzurro, la brezza sospinse, l’acqua di un rigagnolo lo dissetò, l’asfalto diventò terra, i sandali trovarono senso materno. Lui non si pose più domande e avanzò ammantato di eroismo, immaginando senza pensare.

L’ho incontrato l’altro ieri, dopo il terzo giro della Terra. Nella sua pelle resistente come cuoio, pareva felice.

 

gene

 

Postilla

La libertà è quel bene che ti fa godere di ogni altro bene.
Montesquieu


2 risposte a “Giro della Terra”

  1. Qui ci siamo. Il respiro e’ un po’ piu’ ampio e non solo principalmente autobiografico. Anche se pero’ queto ha un suo valore intrinseco. Nel frattempo, sia detto tra parentesi perche non e’ pertiinente con il breve commento al testo ” Giro della terra” , mi sono procurato il libro di Doris Femminis del quale difficilmente ricordero’ il titolo senza avere il libro a portata di ….naso.

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