tuttologia in direzione contraria

Non si ride mai!

Accerchiati come ormai siamo accaventiquattro da notizie e immagini che vanno da Bignasco a Kiev, passando da Gaza e Taiwan, non ce la facciamo più a ridere. Più sono loschi i figuri che ingombrano gli schermi e le orecchie, meno alziamo le spalle seppellendoli con il cinismo, o almeno con l’indifferenza. Anzi, cerchiamo perfino di imitarli. Abbiamo perso il contatto con le cose reali, e tra esse i rapporti fisici e i rapporti intuitivi. Non riuscirò a spiegarla bene questa faccenda, lo so, e invece di provocare sane risate rischio di incamerare insulti, e ci sta, oppure quei sottintesi da retropensiero ferreo ammantati di slealtà, il che è decisamente peggio.
Bene, eh bon, bene… Dunque. Se dico qualcosa di provocatorio, ma con la chiara intenzione di divertire, o almeno di portare in superficie qualche idea press’ a poco originale, finisco invece sfinito a spiegare il pensiero e soprattutto la sua intonazione, senza ottenere responso e incartandomi senza speranza, come quando cerchi di giustificare una tal cosa e più vai avanti e più diventi in-credibile anche alle tue stesse orecchie, figurarsi a quelle degli altri. Io penso che ciò succede perché abbiamo troppi interlocutori con i quali non abbiamo condiviso neanche una birra. Cioè: sono io che parlo a vanvera con tizi e tizie che pur abitando a tre chilometri da me, sono più alieni del cileno in facebook.
La controprova di ciò è data quando vado a Preonzo, il paese dove sono nato. Lì, incontro questo e quello, più vecchio o più giovane che sia, e subito basta una parola per capirci e ridere di gusto. Ridono anche i bambini e qualche ragazza.
Esempio, ma tutti sono circa così. Il Got, piantato al tavolino dei Giuli, e che magari non mi vede da due anni, non mi saluta nemmeno (perdita di tempo da galateo dei bugiardi) e mi chiede: – Cosa fai? – Io rispondo: – El Puda -. Non c’è bisogno di aggiunte, con il dialogo di quattro parole, due a testa, si è aperto un universo, zeppo di ironie, immagini, condivisioni, divertimento, prese in giro, ripicche, risate. Che non sto a spiegare cosa voglia dire “fare il Puda” perché andrebbe a finire male, per me.
Perciò voglio dire che allargando le vedute oltre quello che siamo e da dove veniamo, non per conoscenza ma per sottomissione al bombardamento (social)mediatico, noi perdiamo l’umore e lo spirito, tutto diventa banale e il divertimento è concesso solo con orribili e preconfezionate battute. Che stanno all’umorismo come il prosciutto in vaschetta al salame del Cech. Ci vengono propinate come se fossimo ottusi e per farci incamerare meglio qualche notizia sull’odio irresponsabile che pervade questo millennio del cazzo.
Lo sapevo che non sarei riuscito a spiegarmi, anche il Got mi dice di piantarla, che ci vogliono i franchi nella vita.

gene


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