
Quel Rosso mi fa venire i brividi anche mentre scrivo e non riesco a pensare ad altro che a Keegan, Dalglish, Grobelaar, Gerrard, Rush, Salah, Firmino, Kennedy, Houghton, Mané, Neal, Carragher, Souness, Suarez, Mc Dermott, Alexander-Arnold, Xabi Alonso, Shaqiri, Henchoz, Toschack, Dudek, Heighwey. E tutta la folla guidata qui, al mio divano, da Klopp, che poi mi ha detto “ciao, ci sarò sempre, andate avanti”.
Alla sconfitta contro i prepotenti del Real mi sono scolato una bottiglia di whiskey; a Roma camminai per tre ore in campagna per quella cosa di quando ti senti vivo come una motosega fuori giri; la sera dell’Heysel ero incredulo, non era possibile; a Hillsborough piansi tutte le lacrime. Nel prato dietro casa giocavo già in maglia rossa, presa all’Innovazione e decorata con il 9 cucito a mano con cascami di lenzuola.
E io! Dico, io, a Anfield non ci sono mai stato, con il fisico intendo (sono lì anche nei sogni). Avrei potuto, seguendo Massimo Busacca al debutto, ma non avevo i soldi.
Ho avuto il piacere interposto di commentare da una cabina-tv, schiacciato dall’obiettività. Mi faccio indigestione su youtube con i canti e i ruggiti, e sfoglio tutto (tranne il Daily Mail). Ma Anfield mai. E vi prego di non dire neanche mezza parola.
E invece ci andrà mia figlia, che non può sapere dell’offside, del mio fegato Reds e delle azioni che rivedo per prendere sonno e nessuno che mi domanda, per fortuna, a cosa sto pensando (Wynalduuuuum!!!!) quando la discussione è noiosa.
Ci andrà Giorgia, dunque e che cazzo, ma per la proprietà transitiva dei sentimenti, sarà come se ci andassi anch’io. Non cammineremo mai da soli.
gene

Una replica a “I giorni e le notti Reds”
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