
Porto con me le spoglie del Minotauro, che uccisi con l’inganno. Non era colpevole, eppure fu esiliato nelle stanze interrate e piene di specchi del manicomio. Il re ne aveva deciso la sorte dopo averlo procreato con vergogna e l’infelice fu lasciato solo nel cuore della terra che batte vicino agli inferi, con la sua rabbia che diventava inconsapevole vendetta. Mangiò vivi i guardiani che lo vessavano e più nessuno volle scendere in quegli abissi che dominava senza poterne fuggire.
Non aveva colpe, ma io non lo sapevo. Non gli parlai: cosparsi di olio all’arsenico il corpo di un bambino schiavo che nemmeno capì la sua morte, divorato dalla fame del Minotauro ormai ridotto agli stenti, conficcato al centro della terra. Le urla atroci mi squassarono i timpani per quattro ore, tanto durò la terribile e immeritata agonia di quell’essere metà bestia e metà uomo e metà me stesso, di quell’infelice ridotto alla metà di tutto quanto.
Non era colpevole della sorte toccatagli, altri avevano sempre scelto per lui e anch’io usai il tranello per paura e viltà, o forse per non guardare i suoi occhi, dove certo brillava la disperazione dei reietti, l’interrogazione degli innocenti, la paura dei condannati, la ferocia degli assassini.
Non mi bastò la principessa, figlia del re, che ebbi in dono e che piantai in Naxos per scacciare la sventura. Ora le mie vele nere mi portano in patria, con il carico di infelicità mia e del Minotauro a marcire nelle sentine della nave. Ma le vele sono diventati alberi con foglie e fiori, forse una redenzione per me, forse il perdono del Minotauro per tutta la mia ignobile impresa, forse la pace. Ma come troverò le parole?
gene
Postilla
Sognò come gli esseri umani sognano gli dèi, l’uomo con la tristezza degli uomini, il minotauro con la tristezza degli animali.
Friedrich Dürenmatt

Una replica a “Gli alberi del Minotauro”
Non le devi trovare, le hai già trovate.
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