tuttologia in direzione contraria

Non hai nessuna colpa

C’era ancora una fessura da attraversare senza chiuderla, un graffio nascosto per 33 anni e non sai se ancora arrossato. Sei andato a Villar Focchiardo, il paese della Val di Susa che riguarda anche la tua esistenza e quella dello Zio Alberto, che nel libro chiamasti Roberto. Nella memoria, case addossate e smunte sulla collina alluvionale che lascia le molteplici strade giù in basso. Ora: è ancora così, ma non riesci a ritrovare con precisione la casa di Alberto, ma poi pensi che non conta poi tanto, sono le sensazioni a sanare il graffio, qui o là fa poca differenza. Il Bar Roma non c’è più, questo te lo ricordi, ora è un bar-alimentari chiuso per questa settimana, dice il cartello. Il vicolo che sale è quello. Non sai se cerchi una morte per vivere tu, o una vita da dissotterare.
Lo zio, questo lo sai, fu scacciato dalla Svizzera per aver rubato in bottega un filone di pane da consegnare alla miseria. Il bottegante chiamò i poliziotti, quelli dissero di lasciar perdere, ha solo sedici anni e da italiano sarebbe espulso. Ma il bottegante disse che così impara la lezione. A nulla valsero i dolenti tentativi, Alberto fu caricato su un treno che andò a Villar Focchiardo, trecento chilometri che nel ’32 fascista erano trecentomila. Una zia sconosciuta, poi l’arruolamento forzato, la guerra, la prigionia in Africa, il ritorno a Villar Focchiardo. Una donna da amare, una vita, la morte.
E il graffio, la fessura, la ricerca. Il cimitero, un lungo occhieggiare nella storia funebre di un piccolo posto. E quando ormai stai per lasciare la presa, la Maddalena ti dice: è qui. E sei contento che l’abbia trovato lei, la prova che Alberto non è solo un fantasma tuo o un’inesistenza: c’è ancora.
Stai lì, davanti al loculo, il graffio che si scioglie, i fiorellini di plastica, le quattro stelle appiccicate che chissà cosa vogliono dire. Tu però sai cosa vuoi dire, davanti a quegli occhi che sono anche i tuoi. E lo dici: Non hai avuto nessuna colpa.
E la fessura non è da chiudere, porta ancora l’emozione, ma senza bruciare. Poi, con un bacio alla foto, congiungi i mondi.

gene


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