
C’è una cena, si mangia senza dire granché, il cibo è buono e tutti sembrano contenti. Poi uno comincia a dire cose che hanno un senso, parla di sé, d’accordo, ma senza paragonarsi alle espressioni del mondo, quelle lontane e vaste. Dice che una pianta del suo giardino gli sembra malata, forse troppa terra alla base del fusto che soffoca la corteccia. È preciso, non generico. Mi piace. Poi si rivolge a me.
– Tu hai piante?
– No.
– Guarda che dovresti, insegnano tante cose, i ritmi, le stagioni, le gemme, le foglie.
– Ma anche se non ho una pianta che sia mia, ritmi stagioni gemme foglie ci sono lo stesso.
– Ma non è come averne una.
– Ho altre occupazioni, non sono bravo con le piante.
– Certo, lo so. La scrittura e le immagini che le metti dentro. Che mi piacciono, quasi sempre. Forse dovresti però essere meno oscuro, più contento.
– Lo sono.
– Non si direbbe dalle parole che scrivi, come quelle che rappresentano amori impossibili o persone che non ce la fanno. A volte sei scoraggiante e chi ti legge finisce per pensare che la vita è un inganno.
– La vita è un inganno se non la racconti onestamente. Io racconto la mia, come posso e come voglio, con immagini che vanno qua e là e che mi piacciono.
– Ma potresti usare altre parole più facili, non solo rabbia e dissenso. Non aiuta a stare meglio.
– Ma io sto meglio se dico e scrivo quello che sento, quello che penso. Se mentissi starei male.
– Tu non sei il depositario della verità, non puoi pensare che tutti la vedano come te.
– Non lo penso.
– Non stai aiutando il mondo a essere migliore, comportandoti così.
– Non ne ho intenzione e non credo di averne la possibilità.
– Ecco, vedi? Se tutti facessero come te non cambierebbe mai niente e saremmo sempre in disaccordo.
– Sei in disaccordo con me?
– Sì, quasi sempre.
– Fai bene, sei onesto.
– Sono onesto sì, io, e vedo di andare d’accordo con tutti, non come te, che i pochi amici che hai si allontanano perché non riescono a sopportare le tue affermazioni.
– Cosa posso fare se non affermare?
– Prova a riflettere, pensa, mettiti in discussione senza arroganza.
– Lo faccio sempre. Ogni volta che scrivo è un confronto tra i miei pensieri e quelli degli altri. Faccio parlare anche animali e oggetti inanimati, qualsiasi cosa.
– Ma credi davvero che serva dare voce al calamaio o al coyote?
– A tante altre cose, a tante persone, a essere viventi che non hanno una voce, magari solo perché sono obbligati a stare zitti, per la loro natura sì, ma a volte anche perché la loro voce gli viene levata da noi, da me e da te.
– Non tirarmi di mezzo. Fai anche il difensore degli oppressi adesso?
– Tu non difenderesti un indifeso?
– Io difendo solo chi mi vuole bene, sono generoso e altruista.
– Anch’io.
– Tu no, tu pensi solo a te stesso, esprimi solo i tuoi concetti e lo fai con quell’aria da sapiente al quale non interessa niente degli altri.
– So poco, molto poco. Nessuno è obbligato ad ascoltarmi o leggere il poco che scrivo.
– Infatti. Io non ti ascolto e non ti leggo.
– Fai bene.
Poi non mi dice più niente. C’è silenzio. La sua compagna gli passa le dita tra i capelli ma lui è davvero molto sconsolato. Mi dispiace. Gli altri non parlano. Dopo un po’ se ne vanno tutti e io finalmente posso tornare a scrivere mentre penso.
gene

2 risposte a “Una cena tra amici”
Bravo Gene!!
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Bravo, ho commentato su FB qui non mi ha lasciato finire il commento
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