
A Zurigo con il Meo, che tra scendere dal treno e salire una scala mobile è sempre una felicità, la scoperta colombiana.
– Eccoci qua! – spara dopo il malfermo saltello giù dal predellino.
– Vado da solo! – intanto che però tende la mano con dolcezza mentre si apposta con i piedi sul filo dello scalino mobile e rischia sempre di stramazzare.
Parte da casa con l’idea dello zoo o dell’aeroporto, ma stavolta c’è anche il discorso dell’università. Da qualche tempo lo dice: – Io vado all’università! –
– E cosa fai? –
– Studio le mappe! –
Gi piacciono gli atlanti e pure le cartine geografiche immaginarie che disegnano Atlantidi inventate. Abbiamo un librone che arriva direttamente dagli anni Settanta e c’è ancora la Cecoslovacchia e la DDR. Non è semplice convincere il Meo e il resto del mondo che, coi venticelli che soffiano adesso, rischiamo di avere un atlante ristampato ogni anno con confini vibranti che si disegnano e si cancellano alla velocità di un drone e con il tuono di una bomba.
Ma Zurigo non cambia, dai, con quel viaggio dal meridione alla riforma che è diventato una cosetta di un paio d’ore e azzera i millenni di scomoda empatia. Più che l’università, il Meo si dirige con la sua bussola imperscrutabile verso lo sminuzzato con patatine. Fa un caldo primaverile da stare senza giacca, ma lui è bravo a resistere al richiamo della canottiera. Alla quale certo pensa, ma non osa.
Avanza un bürli per i cigni.
– Se non sono morti fino adesso… – oppone la Julieta al dubbio della Maddalena che magari gli fa male il pane.
Poi prendiamo il tram numero 9, che parte dal lago incantato con le musiche da strada e i mille idiomi che lo avvolgono, e si sale. Ed eccola l’università, che ci scorre dal finestrino come in una canzone di Jannacci. Propongo al Meo di andarci per una lezione da tenere, noi due che insomma, sì, l’universo ci appartiene, ma con gli studi abbiamo perso il tram.
E si ricorda che il Piter, suo fratello, però ci andava.
– L’università del Pietro! – esclama. Che è il facile modo per dire che lui non ci andrà, almeno per oggi, forse domani o tra ottocentomila ore, nemmeno per le mappe, e che preferisce proseguire in vista di una birretta o un gelatino.
Quindi, preso atto, decidiamo di continuare gli studi delle mappe quando torneremo a casa, con i nostri vecchi confini che, se non erano meglio, rischiano di non essere peggio dei prossimi.
Se tutto il mondo si guardasse con l’innocenza del Meo i confini sparirebbero.
gene

Una replica a “Il Meo all’università”
Meo mi porta ad avere una sana invidia nei confronti di come riesce a vedere il mondo.
Grazie Giorgio.
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