Dove vogliamo andare? Non importa, dici? Ma almeno dimmi da dove partiamo, perché
qua s’è fatta notte e non si vede un cazzo. Dove siamo?
Zitto… Ci sentono.
Muti, facciamo un paio di passi, tanto per convincerci di essere anche ciechi in questa notte nerissima. Mano nella mano, come due sposi, o come due bambini. Penso che se aspettiamo l’alba, o almeno un chiarore, il viaggio non si farà. Solo che non mi va per niente l’idea di stare adesso in un posto del quale, nel caso dovessimo chiedere la strada per tornare indietro, non sapremmo neanche dire il nome.
Dall’oscurità, solo grilli e fluire d’aria.
Non c’è nessuno.
Ssst…
Ma nemmeno sottovoce si può?
…
Beh, io parlo. E non interrompere. Adesso mi dici dove siamo, voglio un nome, inventalo, sparane uno a caso, fai quel cazzo che ti pare. Ma voglio un nome.
…
Mi stringe la mano, non apre bocca. Poi parte tirandomi, e non posso che seguirlo. Andiamo avanti per un certo tempo indefinito. Di sicuro è una pianura, nessun ostacolo, erba sotto i piedi e ancora grilli e aria. Impossibile stabilire metri e chilometri, e nemmeno se andiamo dritti o storti. Sobbalzo a farfalle notturne che mi sfiorano il viso. Mi paiono farfalle, ma chi lo sa. Ancora passi e silenzio. Che mi porta un suono frusciante e chissà da quanto tempo avvisa ma io lo sento solo adesso e cresce a ogni passo. Poi, nel volgere di niente, scroscia. Un fiume, una cascata. O mare. Ci fermiamo.
Ora?
Ssst…
Quel ssst comincia a darmi fastidio, ma taccio. Immobili, aspettiamo l’aurora, ma ben prima si profilano inquietanti contorni azzurri e neri che volgono presto nella nettezza del mattino incombente. E poi la scena si illumina.
Porca troia!
Già!
Siamo nell’aia del vicino, irrigata dagli idranti. Totale del viaggio: cento metri. E ora mi ricordo anche da dove siamo partiti: da casa nostra, anzi, dal nostro giardino, dove la grigliata s’è conclusa, probabilmente, in sonno etilico. Giurando su un paio di cose che non riferiremo mai, torniamo indietro senza bisogno di chiedere la strada. E senza più tenerci per mano. Sperando di non essere visti.
gene
Postilla
Se non t’importa dove sei, non ti sei perso.
Arthur Bloch – Regola di Rune

Guardo giù e nella luce dei falò, agitati dal fantasma di Tom Joad, moltitudini tengono in mano il biglietto di sola andata, con la speranza tenue di un rosario. La loro corsa si chiude qui, nei centri di raccolta, che li rivomitano indietro. Un rimpiattino con la vita, degli altri. Noi che possiamo fare? Ci hanno messi di guardia obbligandoci a un dovere che riconosciamo sempre meno. I nostri… Pingui, freddi, fedeli alle leggi scritte da loro stessi su ordinazione di un popolo feroce.
loro hanno altro da fare che incunearsi in direzione contraria. Noi dobbiamo passare dove sono passati loro, per raccogliere le cose che buttano e per ripiegare le loro onde, così da poter navigare oltre il loro passato sepolto, verso il nostro futuro. Vedrai che all’orizzonte ne appariranno molte di navi umane in massa, ma ben poche saluteranno e ancora meno si fermeranno a scambiare doni. Se andrà bene, una di queste navi si volgerà e seguirà noi con una nuova ebbrezza. E stai attento, che da alcune tenteranno abbordaggi o spianeranno colubrine. Ti ricordi cos’ha detto Luca l’altra sera? Siamo fuori, fuori di testa, fuori tempo, fuori legge, fuori registro. Prendine atto e andiamo.
assiepato su pontili di navi immense, abbuffandosi di cibarie per terra e per mare. La moglie gli leggeva i menù e lui ordinava e pagava. Parlava nelle sua lingua a tutti i popoli stupefatti da quei suoni. Non era importante capirsi, per quello bastava levare il portafoglio come si leva una Colt, ottenendo tutto senza nemmeno contare fino a tre. Poi le gambe gli divennero di legno e dopo una prima fase di resistenza in carrozzina si trovò inchiodato alla poltrona della veranda di casa. Per un po’ si godette il sole e il whiskey, la televisione e la compagnia cheta della moglie. Che, ovviamente, morì. Rimasto solo, accudito da una badante remunerata come una nababba, il Pratico fece un passo nel vuoto e comprò un libro, uno grosso e costoso come da suo imperioso desiderio. Non ricordo se fosse una versione illustrata di Guerra e Pace, ma quando si accorse che oltre alle strambe stampe d’arte c’erano da affrontare anche le parole, si arrese e morì.
